Questa ricetta è un’eccellente seconda portata d’apprezzare in qualsiasi stagione.
Non è una ricetta difficile da preparare però richiede essere attratti, in forma simpatica e non ossessiva, dalla gastronomia, avere un poco di pazienza e semplici conoscenze di cucina.
I particolari operativi per ottenere un’ottima Parmigiana di melanzane possono sembrare numerosi ma la maggioranza di detti particolari è conosciuta dalle persone che operano in cucina, sia essa famigliare che professionale.
Leggerli nuovamente in ogni occasione in cui si appronta, non solo mette allegria, ma consolida il proprio sapere e rinverdisce qualche particolare dimenticato.
Esistono molte varianti della Parmigiana di melanzane sia per fattori regionali sia per gusti personali di chi l’appronta.
Tavola Magna, sempre rispettosa verso chi propone ricette differenti dalle sue, propone la sua ricetta di Parmigiana di melanzane senza fronzoli storici o geografici ma attenendosi a “sussurrate (Sic!) ed amabili narrative d’altrettanto “amabili e sussurranti Trattori” che spesso ci hanno onorato sedendosi alla nostra tavola al termine della loro faticosa giornata lavorativa.
Purtroppo i tempi attuali, che noi di Tavola Magna viviamo con piacere, non prevedono più quei momenti di autentica simpatica cordialità telefonica col Trattore, al quale si chiedeva ospitalità nel suo locale in occasioni d’incontri tra amici e colleghi (incontri) che avvenivano attorno ad una tavola, previa prenotazione.
La conoscenza di tale ricetta da parte di chi scrive risale ad un passato, non troppo remoto, quando i rapporti tra cliente e Trattore si rinnovavano piacevolmente in occasione di prenotazioni fatte secondo conosciuti orari in cui il Trattore era disponibile.
Fu proprio una di codeste circostanze che ci portò a tale ricetta però con un percorso che a definirlo strano è dire poco; infatti chiedendo al conosciuto (fin troppo) e stimato (mai abbastanza) Trattore cosa ci avrebbe proposto in occasione della nostra incondizionata prenotazione fatta in un momento “un po’ così così” che il Trattore viveva in quel momento, lo stesso ci rispose “lasagne cagate” e “Roast beef di rognoni freschi di giornata” ……… venite qui e mangiate quello che c………o c’è. Puff, fine del colloquio.
Conoscendo il soggetto, il giorno stabilito ci recammo sghignazzando al pranzo prenotato pensando di trovare il Trattore con la pala della polenta, girata in maniera nervosa tra le sue mani, minaccioso anche se simpaticissimo.
Invece ci venne incontro il figlio del Trattore, un giovanotto bonario (anch’esso spesso “vittima” del padre) il quale ci fece accomodare al nostro abituale tavolo, posto tra un finestrone ed una finestra della sala, offrendoci il solito aperitivo di vino annunciandoci che suo padre “per soddisfare i tre r……….e (che eravamo noi, pur clienti paganti, mai reclamanti) ci aveva preparato espressamente una Parmigiana di melanzane, iniziandola già il giorno precedente.
Conoscendo la bravura accademica del Gastronomo-Trattore e dei suoi collaboratori esultammo con un altro “giro” di aperitivi rigorosamente sempre a base di vino, rifiutando gli gnocchi fritti (in altre occasioni li avremmo divorati come bruscolini) che ci furono proposti in attesa del pranzo in quanto ci avrebbero alterato il palato e la fame.
Ci fu servita una prima portata di pasta (*) se non ricordo male delle reginette, condite con la salsa avanzata della Parmigiana. Tale precisazione ci fu fatta dal cameriere che era stato istruito dal Trattore.
In quella occasione il Trattore aveva incaricato il cameriere di chiederci se avessimo gradito una lieve grattugiata di Parmigiano sulla pasta con la salsa, nonostante che in passato la maggioranza di noi, lui compreso, avevamo deciso che sulla pasta col pomodoro (ragù incluso), non andava nessun tipo di formaggio (su questo punto ci torneremo perché la disputa ancora oggi ci vede dialoganti come gli astanti litigiosi nei saloon di film western d’una volta).
Superato il primo attimo di stupore, alla nostra richiesta di chiarimento rivolta a chi ci servì le portate di pasta, s’affacciò dalla mezza porta che divideva l’area di passaggio tra la cucina e la sala da pranzo, il Trattore il quale, con un guanto da forno infilato ancora nelle mani ci “intimò” di mangiare e basta in quanto la pasta al pomodoro che precedeva la Parmigiana di melanzane poteva “ricevere” una spolverata di Parmigiano grattugiato, il perché ce lo avrebbe spiegato al momento del pagamento del conto.
Dopo qualche minuto dall’avere portato via i piatti vuoti della pasta precedentemente servita e da noi divorata, furono poste ai lati di noi commensali nuove posate e sostituiti i bicchieri del vino; immediatamente tre camerieri ci servirono delle portate ricoperte da una campana di vetro emananti un lieve calore, contenenti le porzioni della Parmigiana di melanzane con un biglietto manoscritto riportante: “Parmigiana di melanzane da gustare, se non siete già ubriachi”!
A parte “l’offesa” a cui eravamo abituati, appena i camerieri tolsero le campane poste sui piatti con al centro la Parmigiana di melanzane, percepimmo delicate essenze volatili d’una dolce ricetta infornata a cui si accompagnavano lievi ma permanenti gradevoli odori di dolci melanzane fritte, di salsa di pomodoro fresco, di formaggio avvolgente ma non prepotente e di basilico fresco. Veramente quella ricetta era stata sottratta agli Dei dell’Olimpo.
Gustammo e bevemmo un rosato che faceva onore a tale tipicità di vino, che coronò il pranzo senza privarci dei sapori permanenti nei nostri palati.
Di lì a poco ci raggiunse il Trattore che, chiedendo il permesso, sedette al nostro tavolo, dimentico delle feroci offese rivolteci sin dalla telefonata di prenotazione; in maniera bonaria, ma astuta e vigile, ci chiese cosa pensassimo della “sua” Parmigiana di melanzane, pasta inclusa.
Chiedemmo d’esaudire la sua richiesta dopo avere saldato il conto, anche per ripagarlo delle sue “angherie”, ma il Trattore rispose che a quelle condizioni il conto raddoppiava.
Esternammo servilmente la nostra sentita ammirazione ed i nostri ringraziamenti per quella deliziosa ricetta dichiarando che sicuramente l’avremmo chiesta nuovamente, quando avremmo avuto ospiti di particolare riguardo. La ruffiana, seppur sincera nostra dichiarazione, ci procurò un pagamento del conto “a forfait” del tutto vantaggioso per noi.
Il nostro Anfitrione, inorgoglito, ci descrisse le procedure della ricetta della “sua” Parmigiana di melanzane ed i motivi per i quali lui non preferiva le melanzane addolcite al forno, quelle lavate, quelle infarinate, quella che avrebbero dovuto convivere con l’uovo, quelle dallo spessore di 5 millimetri così come delle sue preferenze per il pomodoro fresco e non per i pelati in latta, per il Provolone al posto della mozzarella, ecc. ecc. e soprattutto il perché dell’invito della spolverata di Parmigiano sulla pasta con la salsa al pomodoro (aspetto di cui esisteva un divieto assoluto, del tutto personale, concordato in sede della “nostra accademia” di cui il Trattore era Presidente.
Gradimmo le sue dissertazioni riguardanti i particolari della ricetta specialmente quando discordavano con quelle dei colleghi, verso i quali fu sempre rispettoso.
Esternammo nuovamente le nostre lusinghe e ringraziamenti e chiedemmo al nostro Anfitrione se avessimo posto per scritto le nostri lodi, i nostri apprezzamenti e relative lusinghe avremmo potuto godere del privilegio dell’azzeramento del conto. Avvertimmo immediatamente spifferi d’aria (per noi) non proprio salubri per cui pagammo il forfait e satolli andammo via dopo uno scambio di sorridenti arrivederci e sincere strette di mani.
Che sghignazzate e che abboffata ragazzi! Pervasi da tanto benessere decidemmo di saltare il pomeriggio di lavoro in segno di gratitudine verso la vita ed all’insegna del “Pocotanto ma buono”.
La ricetta che propone Tavola Magna è la stessa di quel simpatico ed indimenticabile pranzo di mezzogiorno sopra descritto. Viva il Trattore, signor Arturo, Mastro e Maestro di gastronomia!
(*) La pasta ci fu servita in piccoli piatti ovali (generalmente impiegati per servire pietanze a base di pesce o prodotti ittici in genere), florealmente decorati ai lati; tali piatti, sfiorandoli con le posate, emettevano quel suono gradevolissimo d’autentica ceramica che una nota (unica) casa Italiana produceva.